Miastenia gravis: inebilizumab migliora la funzionalità quotidiana
Colpisce la giunzione neuromuscolare, il punto di contatto tra nervi e muscoli. Può insorgere all’improvviso, a qualsiasi età, con una maggiore prevalenza nelle donne tra i 20 e i 30 anni e negli uomini over 50. Si manifesta soprattutto con una faticabilità muscolare debilitante, quindi debolezza muscolare per sforzi anche minimi, e può culminare in crisi potenzialmente letali che richiedono ospedalizzazione e trattamento immediato. È la miastenia gravis, malattia autoimmune rara e cronica mediata da autoanticorpi specifici, che in Italia colpisce 15-20.000 persone.1 Tra queste circa l’85% soffre della forma generalizzata (gMG).2-3
La crescita, in tutto il mondo, di prevalenza e incidenza di questa patologia acuisce la necessità di opzioni terapeutiche mirate e una buona notizia in questo senso è arrivata dal Congresso AANEM (American Association of Neuromuscolar & Electrodiagnosis), dove Amgen ha presentato i dati dello studio di Fase 3 MINT, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, che ha valutato efficacia e sicurezza di inebilizumab nei pazienti adulti affetti da miastenia gravis generalizzata (gMG) positivi agli autoanticorpi contro il recettore dell’acetilcolina (AChR+) o contro la chinasi muscolo-specifica (MUSK+).
Lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario, ovvero dimostrare l’efficacia di inebilizumab nel migliorare le funzioni quotidiane dei pazienti valutate con il Myasthenia Gravis Activities of Daily Living (MG–ADL). Alla settimana 26, inebilizumab ha dimostrato un cambiamento clinicamente significativo rispetto al basale nel punteggio MG–ADL, che misura l’impatto della malattia su attività quotidiane come respirare, parlare e deglutire. Nei pazienti trattati con inebilizumab il punteggio è diminuito di 4,2 punti, rispetto ad una diminuzione di 2,2 punti nei pazienti trattati con placebo. La differenza di 1,9 punti tra i due gruppi è stata significativa dal punto di vista statistico, confermando l’efficacia di inebilizumab nel migliorare la qualità della vita dei pazienti.
MINT è il primo e unico studio di Fase 3 su terapia biologica che ha previsto una riduzione dei corticosteroidi: l’utilizzo di inebilizumab ha permesso ai pazienti, che all’arruolamento assumevano corticosteroidi, di diminuire gradualmente la dose di prednisone fino a 5 milligrammi al giorno a partire dalla 4a settimana fino alla settimana 24. Quest’ultimo è un elemento fondamentale per i pazienti, poiché l’uso prolungato di steroidi ad alte dosi contribuisce in modo significativo al carico complessivo della malattia.
«Le terapie attuali, come gli steroidi ad alto dosaggio, possono avere effetti collaterali significativi che a lungo termine compromettono la qualità della vita dei pazienti, per questo è necessario offrire trattamenti mirati che possano modificare il decorso della malattia», dichiara il Dr. Raffaele Iorio, Dipartimento Neuroscienze, Università Cattolica del Sacro Cuore IRCCS Policlinico ‘A. Gemelli’ Di Roma. «I dati emersi dallo studio MINT vanno in questa direzione e sono estremamente promettenti. Inebilizumab, anticorpo monoclonale specifico per la molecola CD19 espressa dai linfociti B, ha dimostrato una significativa efficacia nel ridurre la disabilità associata alla miastenia gravis generalizzata. Questo non solo sottolinea l’importanza dei linfociti B come bersaglio terapeutico nella gestione della patologia, ma apre la strada a nuove terapie mirate che promettono un miglior controllo della malattia rispetto ai trattamenti convenzionali, offrendo ai pazienti una speranza concreta di maggiore efficacia e potenzialmente una migliore qualità della vita».
Lo studio MINT ha raggiunto anche gli endpoint secondari chiave. Inebilizumab ha mostrato un cambiamento statisticamente significativo e clinicamente rilevante alla settimana 26 rispetto al placebo secondo la scala MG-ADL sia nel sottotipo AChR+ che MuSK+.
Inoltre, i risultati complessivi sulla sicurezza durante il periodo dello studio controllato con placebo si sono dimostrati coerenti con il profilo di sicurezza noto di inebilizumab.
La miastenia gravis ha un riflesso significativo sulla qualità di vita dei pazienti e, nonostante i recenti progressi diagnostici e terapeutici, esistono ancora urgenze insoddisfatte.
«Tra le più rilevanti c’è la necessità di arrivare a una diagnosi tempestiva», spiega il Dr. Raffaele Iorio. «La gMG è diagnosticata per lo più in ritardo con conseguente inizio tardivo del trattamento, mentre la qualità della vita spesso viene compromessa a causa dell’impiego di farmaci steroidei. Da qui la necessità di trattamenti mirati che possano incidere sul decorso della malattia, soprattutto per le forme refrattarie ai trattamenti convenzionali. Inoltre serve un approccio integrato che faccia leva su protocolli di diagnosi precoce, maggiore comunicazione tra medici di medicina generale e specialisti, gestione multidisciplinare del paziente, che includa oltre al trattamento farmacologico anche il supporto psicologico e la consulenza nustrizionistica».
MINT, che ha coinvolto anche centri italiani, è il più ampio studio clinico controllato con placebo per la gMG relativo a una terapia biologica (238 adulti). Ha, difatti, arruolato il maggior numero di pazienti (48 adulti) positivi ad autoanticorpi diretti contro la chinasi muscolo-specifica (MuSK+). Lo studio ha inoltre incluso anche 190 adulti positivi agli autoanticorpi contro il recettore dell’acetilcolina (AChR+).
I dati dello studio MINT rafforzano l’evidenza dell’efficacia di questo farmaco nelle malattie autoimmuni gravi e consolidano la leadership di Amgen nello studio dei linfociti B.
Inebilizumab è attualmente approvato per il trattamento del disturbo dello spettro della neuromielite ottica (NMOSD) nei pazienti adulti positivi agli anticorpi anti-acquaporina-4 (AQP4) negli Stati Uniti, Unione Europea, Brasile e Canada. Recentemente, inebilizumab ha anche ricevuto la designazione di Breakthrough Therapy per la malattia correlata all’IgG4 da parte della FDA, a seguito dei risultati della Fase 3 annunciati a giugno.